Tradire deriva dal latino “tràdere” che vuol dire “consegnare” o anche, “portare a sé”.
Etimologicamente i significati ci riportano ad un’accezione del termine alquanto positiva, allora perché tradizionalmente il tradimento è considerato così negativo, talvolta devastante per l’individuo che lo subisce in particolar modo?
Partendo dal principio possiamo affermare che il primo vero tradimento è quello della madre nei confronti del figlio che lo “consegna” appunto alla vita. E successivamente vi è il “tradimento” del figlio nei confronti della madre, nel momento in cui si stacca da lei per evolversi e individuarsi. Tradimento necessario, che dev’essere “perdonato”, giacché non è possibile individuarsi se non attraverso la separazione e distinzione, sia dalla madre reale, sia da quella idealizzata.
Meno simbolicamente possiamo dire che, all’interno di un rapporto di coppia, si crea una dipendenza reciproca, talvolta funzionale, altre volte simbiotica e, dunque, disfunzionale. Quando il rapporto è simbiotico, quindi non consente una giusta distanza tra gli individui, vige un inconsapevole “ricatto morale” in base al quale se si fanno cose per se stessi, senza contemplare il partner, si è egoisti.
Il tradimento è, di fatto, un atto finalizzato alla propria soddisfazione personale, e gode, dunque, del principio dell’egoismo.
Colui che tradisce costringe chi è stato tradito a fare i conti con se stesso, a buttar giù pregiudizi, convinzioni radicate, etiche e morali, a spogliarsi del proprio amore per se stesso, a compiere un salto oltre la ferita narcisistica inflittagli.
Paradossalmente, dunque, il tradimento e l’accettazione di quest’ultimo è sinonimo di crescita personale oltre che di coppia, ma solo nel momento in cui diventa uno stimolo per affrontare tematiche irrisolte e consente di mettersi in discussione come individui e come coppia.
Come per ogni cosa però vige il principio dell’ “Est modus in rebus” (C’è una misura in tutte le cose”)
Se il tradimento è occasionale o episodico può essere un momento di grande crescita, maturazione ed evoluzione; se reiterato rappresenta l’esatto contrario, ovvero una spinta infantile alla soddisfazione egoistica indiscriminata dei propri istinti e bisogni, senza il filtro del controllo e della rinuncia.
Uno scienziato giapponese, Katoshi Kanazawa, psicologo dell’evoluzione, ha elaborato una teoria secondo la quale i traditori compulsivi sarebbero più stupidi della media e più inaffidabili nell’ambito lavorativo perché troppo distratti dai loro «love affair».
A volte il tradimento è agito solo per desiderio di vendetta nei confronti del partner per offese subite o per mancanza di attenzioni che generano profonde frustrazioni che si sfogano cercando una soddisfazione narcisistica in qualcun altro, esterno alla coppia; altre volte ancora il tradimento è sintomo del fatto che è finito l’amore, che si è perso interesse sessuale nei confronti del partner (un vecchio detto recitava: “L’amore inizia e finisce a letto!”) ma si ha difficoltà ad ammetterlo a se stessi innanzitutto, per paura di perdere la persona dalla quale si dipende affettivamente e non solo.
In ogni caso, non tradire presuppone una grande responsabilità: una difficile ma necessaria scelta etica e morale nei confronti innanzitutto di se stessi prima ancora del partner.
Non tutte le coppie hanno la fortuna di arrivare a questa consapevolezza in maniera indolore, ma le coppie che affrontano e riescono a superare un tradimento agito o subito, magari con l’aiuto di un esperto, sono sicuramente coppie che ne escono rinforzate e spesso rinvigorite riscoprendo con sorpresa il piacere e la voglia di stare insieme più di prima.