“L’inconscio dello psicoterapeuta deve venire incontro al desiderio inconscio del malato e consentirne la realizzazione.
Questo processo presuppone però che lo psicoterapeuta sia pervaso dal desiderio di aiutare e dall’amore
materno non solo a livello conscio, ma soprattutto a livello inconscio.
Però, amore materno e desiderio di aiutare sono conquiste psichiche complicate, che hanno a che fare con la sublimazione, con l’inibizione degli istinti e spesso anche col tentativo di superare le proprie privazioni.
Chiunque abbia cercato di superare il proprio bisogno di ottenere l’amore materno (ad un livello molto profondo), al punto da sviluppare in se stesso il desiderio di aiutare gli altri…sarà in grado di stabilire una comunicazione inconscia, e quindi, un contatto col malato. Potranno anche riuscirgli guarigioni di traslazione…
Il lavoro puramente analitico, ma soprattutto l’applicazione della traslazione con l’inconscio del paziente viene ostacolato dai propri conflitti irrisolti (del terapeuta).
Se riusciamo però ad unire questo sentimento materno e questo desiderio di aiutare, e a farne un prodotto di sublimazione fondendolo con il sapere dell’analisi in modo da esserne compresi sia a livello conscio che inconscio…possiamo essere capaci di raggiungere anche gli psicotici più difficili e di essere loro d’aiuto.”
Da “La Pazzia e l’amore” di Gertrud Schwing (Arpa Edizioni)
Frieda Fromm-Reichman afferma che non sempre è bene che la relazione del terapeuta col paziente assuma le caratteristiche di una relazione “materna”. Tuttavia Gertrud Schwing ci regala un meraviglioso contributo sull’importanza del maternage e della relazione di cura terapeuta-paziente basata su un genuino desiderio di aiutare e sul “materno risolto” dentro di sé; punto di vista prezioso e irrinunciabile per ogni psicoterapeuta.