La simbologia del gatto

“…incrociando l’uomo con il gatto, si migliorerebbe il primo, ma si peggiorerebbe il secondo”

A. Dumas

Che il gatto sia un valido rimedio contro l’ansia, lo stress e la depressione lo conferma uno studio durato cinque anni: i gatti migliorano la salute psicofisica dei loro proprietari.  Aiutano a combattere l’insonnia e, ancora, giocare con loro risulta estremamente efficace nella cura delle cefalee nei bambini, negli adolescenti e negli adulti.

I poteri curativi del gatto – ancora da scoprire completamente – risiedono anche nel fatto che è un animale esperto nell’arte di appagare il nostro senso del tatto che, come spiegano i medici, è di capitale importanza. Ogni volta che il gatto si strofina contro di noi e lo accarezziamo, la pressione sanguigna e il ritmo cardiaco diminuiscono e la tensione nervosa scompare. Gli stessi risultati si ottengono con settimane di esercizi di rilassamento e meditazione.

Accarezzare un gattino è un’esperienza che fa bene alla salute. La conferma arriva dal veterinario Jean-Yves Gauchet, il quale rivendica la paternità della ron-ron terapia.

Questo è il suo nome ed equivale al rumore emesso dal gatto durante le fusa. Nulla di nuovo per chi convive da sempre con un amabile felino, le fusa sono un momento di rilassamento paradisiaco.

La necessità delle fusa feline rimanda a un comportamento di tipo innato. Attraverso queste vibrazioni, il gatto comunica per la prima volta con la propria madre. È lei a impartire il verso, che verrà recepito dai suoi piccoli come un’identificazione di posizione. Inoltre mamma gatta fa le fusa sia mentre partorisce i cuccioli che mentre li allatta. Tutto questo al solo scopo di tranquillizzarli. Ciò che dovrebbe fare ogni mamma.

Tramite questo ron-ron il gatto comunica anche con noi. Dichiara il suo stato d’animo e di salute, e al contempo fa scattare in noi una percezione di rilassamento sia fisico che mentale. Questo verso, quasi un ronzio ripetuto, risulta come un simil mantra. È proprio la continuità della sua frequenza, l’uniformità del suono unita alle nostre carezze, a garantire ad entrambi pace e tranquillità.

Questo suono ci riporta psichicamente ad una condizione di maternage che procura uno straordinario effetto benefico duraturo nel tempo.

Le fusa come richiamo archetipico Materno, pertanto, riducono lo stress, attenuano l’ansia, calmano i nervi, proteggono il sistema immunitario, abbassano la pressione. L’influsso benefico e guaritore agisce sul corpo, sulla psiche e sullo spirito.

Il gatto archetipicamente rappresenta tanto l’Ombra quanto l’anima (inteso come sinonimo di psiche), pertanto si proiettano su di lui contenuti benevoli e malevoli. Rappresentando un doppio della psiche ci rimanda un’immagine di sé tanto legata ad aspetti positivi (affettività, coccole, amore allo stato puro), quanto ad aspetti negativi (aggressività, egoismo, indifferenza, distanza).

Il gatto, esattamente come l’arte, ha il potere di evocare in noi vissuti di vario tipo, si presta ad un crogiolo di proiezioni, esattamente come le opere d’arte; queste ultime le consideriamo tali proprio per la capacità che hanno di farci trasferire su di esse parti di noi. La potenza evocativa del gatto, pertanto, è assimilabile ad un’opera d’arte. Nessun animale, quanto lui, è in grado di parlare di noi.

Il perché non è spiegabile razionalmente, come non può esserlo tutto ciò che è archetipico, introiettato ed evocativo.

Il gatto rappresenta la nostra parte istintuale, tanto anelata quanto rigettata da noi poiché temibile. Ecco perché il gatto è tanto amato (qualcuno fino all’invasamento, talvolta, fino a perdere lucidità), quanto odiato (è uno degli animali più perseguitati e brutalizzati nella storia dell’uomo).

Il gatto è difesa e protezione; si dice che quando ci sentiamo in balia degli eventi e di noi stessi e abbiamo bisogno di aiuto dai numi, arrivi un gatto a salvarci, nella vita reale o nei sogni. Rappresenta, dunque, anche un simbolo salvifico nella vita delle persone.

Come sostiene il sociologo Mario Abis, l’animale domestico possiede la capacità di rispondere a quattro bisogni fondamentali nell’uomo, ovvero quelli di sicurezza, sensibilità, silenzio e stabilità; abituati come siamo ad una vita frenetica e pressante in cui siamo spesso costretti a prendere decisioni rapide, l’animale è un sicuro punto di riferimento perché ci fornisce stabilità, ci offre in alcuni momenti l’opportunità di evadere da situazioni caotiche, la sua sensibilità ci rilassa e ci tranquillizza.

Di recente si è scoperto che le endorfine, molecole che il cervello elabora sotto l’influsso di emozioni, aumentano le difese immunitarie e dunque l’organismo si sa difendere meglio dalle infezioni. Accarezzare dei cuccioli di gatti aumenta la produzione di endorfine e procura benessere momentaneo”. (Fossati R. (2003). Guida alla Pet Therapy. Firenze, Editoriale Olimpia. – Meluzzi A., Boratti A., Lorenzetto S., Zolesi G. (2000). Pet Therapy: aiutarsi con gli animali. Torino, Omega Edizioni).

Il simbolismo del gatto comprende anche aspetti di sensualità, armonia e grazia che lo ricollegano all’archetipo del femminile, ad una femminilità indipendente inafferrabile e capricciosa, ma anche estremamente materna.

Come simbolo, il gatto, è anche desiderio di libertà, inosservanza di ogni regola fino all’anarchia, ricerca di piacere fino al libero sfogo delle proprie pulsioni.

Sognare un gatto, infatti, può collegarsi al bisogno di esprimere la propria sensualità e di vivere liberamente e con gioia la sessualità; può portare in evidenza la necessità di un contatto armonioso con il corpo, averne più cura e soddisfare i suoi bisogni. Può significare anche il desiderio e/o l’impossibilità di ridefinire i propri spazi vitali, di definire precisi confini per difendersi dalle invasioni e influenze altrui.

Per Jung il gatto nei sogni è un aspetto dell’anima e potrebbe indicare l’incapacità di integrare i contenuti legati al femminile ed alle sue qualità.

 

L’iconografia nazional popolare designa la donna di mezza età, solitamente single, come la “gattara” per eccellenza. Contrariamente a quanto si creda, una donna con determinate caratteristiche, ad un certo punto si circonda di gatti non per compensare la mancanza di “un uomo”, ma la mancanza di contatto con la propria femminilità e sensibilità.

Più in generale infatti, qualunque essere umano, uomo o donna che sia, quando ha difficoltà relazionali, dice che può capirlo solo un animale.

Inoltre, nella storia, i più grandi pensatori, filosofi, scrittori, poeti, che amavano circondarsi di gatti, o che sceglievano come amico peloso un gatto, erano soprattutto uomini di pensiero; si diceva un tempo, canis homini amicus, felis poetae (il cane è amico dell’uomo, il gatto è amico del poeta); oppure, “I gatti li scelgono le persone che pensano”. In Tibet si ritiene che contemplare la natura di un gatto porti all’illuminazione.

Claudio Widmann (2012) sottolinea, altresì, che “il gatto archetipico è anche simbolo di fortuna; non in accezione materiale, bensì individuativa. È dotato di capacità e poteri che fanno la fortuna dell’uomo, ma si tratta di una fortuna simbolica, da intendere in accezione psicologica e non concretistica. Il regno in cui si materializzano l’abbondanza, la ricchezza, la potenza, è il mondo interiore della psiche, non quello esterno dell’effettualità”.

“I gatti”, scrisse Lovecraft, “sono simboli runici di bellezza, invincibilità, meraviglia, orgoglio, libertà, distacco, autosufficienza e di squisito individualismo”, pertanto, l’istinto particolare che il gatto simbolizza più di ogni altro, è l’istinto individuativo e, con la sua sfrontata, esasperata istintualità, rende anzitutto manifesto che il principio di individuazione è un istinto a pieno titolo. Uno degli istinti più complessi, universali e radicati.

 

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